Tra il 10 e il 20% delle persone della società occidentale provano dolore cronico. Negli anni questo sintomo è stato ampiamente studiato ed è forse il problema più rilevante per il paziente. Nonostante ciò i risultati in termini di terapia e risoluzione stentano a vedersi.
Questo succede anche perché non tutto il dolore è uguale e perché il dolore non si può affrontare come se si trattasse di un concetto semplice. Si sa ancora poco sui meccanismi neurobiologici che sono alla base di questo fenomeno, ma più efficientemente saranno inquadrati dal clinico, più il trattamento proposto sarà appropriato e di conseguenza efficace.
Questa correlazione è particolarmente evidente nei disordini muscoloscheletrici, ovvero il disturbo più presente tra tutte le condizioni dolorose. Ormai è ben noto come l’algia non sia la semplice risposta ad uno stimolo attraverso un percorso deputato al dolore, ma come emozioni e cognizione influiscano grandemente sul dolore percepito.
La presentazione del sintomo può indirizzare il clinico nell’inquadramento del paziente in una categoria tra quelle descritte per quanto riguarda i meccanismi patobiologici:
- Dolore nocicettivo: ovvero evocato e/o mantenuto da danno ai tessuti non nervosi e suddiviso in base al tipo di stimolo nocicettivo (meccanico, termico, chimico, ischemico);
- Dolore neuropatico: è considerato come implicante danno o disfunzione/malattia del sistema nervoso, suddiviso in periferico o centrale in base alla regione del sistema nervoso coinvolta;
- Dolore nociplastico: la categoria più recentemente proposta (2016) e successivamente accettata (2017). Sintomo causato da una nocicezione alterata nonostante nessuna chiara evidenza di danno tissutale effettivo o minaccia che causi l’attivazione di nocicettori periferici o evidenza di malattia o lesione del sistema somatosensoriale che causa il dolore, viene perciò mantenuto da un’elaborazione centrale alterata o sensibilizzazione centrale;
- Dolore misto: “è una complessa sovrapposizione dei diversi tipi di dolore descritti, in qualsiasi combinazione, per causare dolore nella stessa area del corpo. Ogni meccanismo può essere clinicamente più predominante in qualsiasi momento”. Un esempio è rappresentato dall’artrite reumatoide. Sono i pazienti con più comorbidità, fattori psicosociali e una qualità della vita inferiore correlata alla salute;
- Altre categorie (dolore psicogeno e dolore simpatico o sindrome dolorosa regionale complessa-CRPS), deve ancora essere chiarito se a se stanti o comprese nelle tre categorie sopra elencate.
Ognuno dei diversi tipi di dolore può essere acuto, subacuto o cronico in base alla presentazione temporale.
Premessa la vastissima variabilità tra individui e compiti, una teoria per spiegare l’adattamento al dolore descrive 5 elementi chiave che si espandono sul concetto di base che l’adattamento al dolore mira a ridurre il dolore e proteggere la parte dolorante. L’adattamento al dolore (1) comporta la ridistribuzione dell’attività all’interno e tra i muscoli; (2) cambia il comportamento meccanico come il movimento modificato e la rigidità; (3) porta alla protezione da ulteriori dolori o lesioni, o da minacce di dolore o lesioni; (4) non è spiegato da semplici cambiamenti nell’eccitabilità ma implica cambiamenti a più livelli del sistema motorio, e questi cambiamenti possono essere complementari, additivi o competitivi; (5) ha un beneficio a breve termine ma ha potenziali conseguenze a lungo termine dovute a fattori quali aumento del carico, diminuzione del movimento e diminuzione della variabilità.
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